BELLEZZA
Al sinonimo latino Mundus (sottinteso locus, luogo), propriamente luogo chiaro, visibile, elegante, discernibile dalla vista dell’uomo , la scuola pitagorica aggiunge l’idea di considerare il mondo – kòsmos , cioè bellezza, pulizia, ornamento, ordine – come un complesso di ornamento per l’ordine e la bellezza che vi regnano. Esiste nell’Iperuranio una bellezza oggettiva in quanto è, e nell’animo umano una facoltà che corrisponde alla razionale bellezza di origine divina, che sa riconoscerla: le cose sensibili o materiali sono belle in quanto partecipano di una idea.
Scrive dunque Platone:“… ogni azione si caratterizza per questo, che in sé non è né bella né brutta … non c’è nulla di bello in sé ; è piuttosto il modo in cui si compie un’azione a dar questo o quel risultato, e così seguendo le regole della bellezza e della rettitudine un’azione diventa bella, al contrario senza rettitudine diventa brutta …” Questo modello di bellezza fondata sull’armonia, sulla proporzione, arriva fino al XVIII secolo in cui si continua a considerare il bello come qualità della cosa. In tempi moderni, invece, si parla “della bellezza” in maniera più soggettiva e negli ultimi due secoli, si è aperta a nuove forme di bellezza, di Arte.
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Per diversi secoli ha imperato la solidarietà tra bello artistico e bello naturale come fondamento della teoria dell’arte come imitazione della natura, teoria che risale al pensiero di Platone e di Aristotele e al contesto culturale filosofico in cui i due filosofi vivevano ed il cui stereotipo umano era rappresentato dalla perfezione e dall’armonia. Infatti nessuna forma d’arte nella Grecia Antica mancava di proporzione, tutto era sviluppato per mostrare un ideale di bellezza, un canone di simmetria ed estensione, di ordine e limite. Ciò che non rientrava in questa categoria non era considerato bello. Il Rinascimento recupera l’integrazione delle parti cioè soggetto sensibile e oggetto in quanto opera d’arte e in tempi moderni si arriva a considerare la bellezza in termini soggettivi. “La bellezza esiste solo nella mente di chi la osserva”, irrompe Hume e dunque l’arte recupera il concetto di “coscienza” e ne diventa il prodotto. Se invece la si considera da un punto di vista prettamente Trascendentale Kantiano o in termini di Psicologia dell’ Einfuhulung, l’arte si trasforma magicamente in immedesimazione del sentimento nelle forme naturali per una sorta di sin-pathos (simpatia, empatia) tra soggetto e oggetto. E’ l’uomo dunque, a definire il bello.
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L’etimologia della parola arte sembra derivi dalla radice ariana ar- che in sanscrito significa andare verso, ed in senso traslato, adattare, fare, produrre. Questa radice la ritroviamo nel latino ars, artis. Originariamente, quindi la parola arte aveva un’accezione pratica nel senso di abilità in un’attività produttiva, la capacità di fare armonicamente, in maniera adatta. L’esempio evocativo per eccellenza, di questa abilità nel fare e nel produrre in maniera adatta viene sicuramente dalla natura. Il Rinascimento ha recuperato in maniera esemplare il rapporto ineludibile che esiste tra l’operare umano, la creatività, la scienza tutta e la bellezza dove per bellezza si intenda il paradigma, l’archetipo di somma armonia e rispetto tra le forze naturali e umane. Un salto all’indietro nel tempo evoca situazioni sociali, artistiche e produttive sostenibili ovverosia di mutuo soccorso tra l’inventiva dell’uomo e la sua terra, il suo mare, i suoi simili. Sulla modernità e sulla post-modernità si apre invece uno scenario completamente ribaltato. L’antropocentrismo esasperato lanciato alla massima “velocità” ha superato ogni confine ed ha rotto qualsiasi forma di equilibrio incontrato in questa folle corsa verso il baratro. Ha superato le barriere umane e sociali, quelle territoriali e naturali. Il sipario accostato sulla scena dell’umanità svela una realtà che dovrebbe far dire all’uomo: ”E’ mai possibile che mi sia venuto in mente un orrore simile?” (Dostojevski ,Delitto e Castigo).
L’ intera Umanità al servizio di un pugno di rinnegati che “illudendosi di possedere la bellezza di serie A ci hanno insegnato con la pubblicità, a desiderare la bellezza di serie B” (Stefano Petrucci, Comunicare Mediterraneo). Gli stessi che “creando” i loro falsi prodotti infiocchettati ci hanno indotti, con la cattiva comunicazione, a barattare la qualità con la quantità a creare falsi e impellenti bisogni che hanno distolto da quelli veri e autentici fondati sull’esperienza dei sensi tutti e la ragione supportata dal gusto estetico per la vita, uniche guide attendibili in ogni scelta presente o proiettata nel futuro. Sono stati violati i linguaggi, gli stili, il gusto, i desideri, la creatività espressione della’arte, dell’utile e del bello sbaragliati dalla propaganda dell’industria che continua a sfornare e vendere falsi e scarti di bellezza omologati e facilmente riproducibili a scapito dell’autentica unicità della bellezza. E’ proprio da questa “lacerazione” che bisogna ri-partire e ri-unificare l’unità perduta (con i sensi, la natura, il tempo , gli altri, la propria storia, le origini, le abilità) rispettando le differenze, gli opposti che in una società non contaminata dall’omologazione uniscono, non separano. La ricerca del Cum- vivere del Cum- dividere approda al riconoscimento dell’altro da sé ma anche della propria identità inviolabile ma violata.
Ancora una volta è dalle terre che hanno visto passeggiare lungo un sentiero [perì patein], filosofi ed allievi dissertando di filosofia, scienza ed arte che si riaccendono le luci sulla ribalta: il tentativo, l’impeto di frenare la smisurata reificazione dell’uomo. Il viaggio intrapreso non è senza un nostos ( ritorno) anzi al contrario è costellato da tante flebili lucine che insieme illuminano il cammino che riporta all’uomo e alla sua inseparabile compagna, la natura presente in ogni sua manifestazione. Nella terra che si bagna nel mare del sud il ciclone della post-modernità è arrivato, ha creato inutili sensi di colpa e infondati complessi di inferiorità nei confronti di terre e genti collocate geograficamente più in alto. Ha coperto di polvere identità, storie, consuetudini ma non ha sepolto lo spirito armonioso di quanti la abitano e ci sono nati. Ancora oggi e sempre più forti emergono piccole ma forti realtà che racchiudono in sé secoli di incomprensioni e abusi ma non obliate dall’implacabile pro-re- gresso. Un nuovo Rinascimento echeggia tra le vie, nelle case, nelle piccole botteghe, nelle piccole piazze. Il bisogno il desiderio di mantenere vive le relazioni, il perseverare nel parlare la propria lingua, il narrare instancabili la propria storia, il gustare la vita ed i suoi sapori, l’affidarsi ai propri sensi nell’accogliere nuove culture e conviverci. Nel continuare a coltivare la terra e le abilità artigiane a qualsiasi costo , senza compromessi, in armonia con il tempo quello lento, delle relazioni e della natura. Nell’accettare i doni ma anche i “castighi” della natura senza per questo violarla. Questa è bellezza, arte cioè saper fare, senso e gusto estetico della vita. E’ qui che nasce Accademia del Rinascimento Mediterraneo e fonda il suo sapere e gusto per il bello per il vero.
Oltre a questo risveglio estetico-filososifico val la pena fare cenno ad un altra fonte dalla quale sgorga l’urgenza di recuperare l’antico senso di bello naturale inteso come valore. La fonte è quella dell’ ”etica ambientale”: la nuova estetica della natura porta in se la necessità di reimpostare il rapporto con l’ambiente. Pertanto scienziati ed ambientalisti, come alle origini quando la filosofia abbracciava, come una grande madre, tutte le forme del sapere, diventano portatori anch’essi del messaggio di “estetica della natura” : accanto all’aspetto matematico-quantitativo dello studio dei fenomeni naturali, recuperano la sfera qualitativa ed emotiva- sensoriale e dunque estetica, fatalmente legata ad ogni tipo di riflessione sulla vita, sia essa di origine scientifica che economica, sia filosofica che politica. Si tratta di un imperativo etico della difesa della natura e di persuasione al rispetto di essa e della sua bellezza.