Dono
La parola “dono” deriva dal latino dònum e più anticamente dalla parola dànum, la quale presenta la stessa radice di dàre e significa dare volontariamente qualcosa a qualcuno senza esigere una ricompensa. Emerge così la stretta connessione fra la sfera del dono e quella della gratuità. In molte società umane, il gesto di scambiarsi doni a vicenda contribuisce alla coesione sociale. Per estensione, il termine “dono” si può riferire a qualunque cosa fatta liberamente e spontaneamente. Dono può anche indicare un particolare talento o abilità innata o comunque appresa in modo semplice e spontaneo. In questo caso “dono” è sinonimo di “dote”, e infatti si parla di persone “dotate” in un particolare campo. Molto conosciuta per la storia dell’antropologia, è la teoria del dono di Marcel Mauss, secondo la quale lo scambio dei beni, anche se di valore intrinseco non fondamentale, è uno dei modi più comuni e universali per creare relazioni umane. L’economia del dono è infatti una forma economica basata sul valore d’uso degli oggetti e delle azioni in contrapposizione all’economia tradizionalmente intesa. Il dono quindi implica una forte dose di libertà. Il valore del dono sta nell’assenza di garanzie per il donatore. Un’assenza che presuppone grande fiducia negli altri.
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Il dono è uno scambio reciproco che ha alcune caratteristiche definite, per quanto esse siano delle convenzioni e non delle regole scritte: l’obbligo di dare, l’obbligo di ricevere, l’obbligo di restituire più di quanto si è ricevuto. Molto conosciuta al riguardo, è la teoria del dono di Marcel Mauss oggi considerata obsoleta da alcuni autori, ma del tutto attuale e valida da altri. La teoria, espressa nel suo celebre Saggio sul dono (1923), nasce dalla comparazione di varie ricerche etnografiche, tra le quali lo studio del rituale potlach di Franz Boas e del Kula di Bronislaw Malinowski. Lo scambio dei beni, anche se di valore intrinseco non fondamentale, è uno dei modi più comuni e universali per creare relazioni umane (o per creare ponti con il divino a volte, secondo alcune teorie sul significato del sacrificio). Addirittura il dono diventa, secondo Mauss, un fatto sociale totale, vale a dire un aspetto specifico di una cultura che è in relazione con tutti gli altri e pertanto, attraverso la sua analisi è possibile leggere per estensione le diverse componenti della società. Da ciò scaturisce la sua “teoria del dono” che, partendo da un forte principio di reciprocità si articola su tre momenti (condizioni necessarie): saper donare (senza attendere ricompensa); saper ricevere ed accettare; ricambiare con doni anche maggiori. Questi tre comportamenti sono frutto di un reale senso e spirito di libertà e fiducia. Lo scambio di beni attraverso il dono è il modo più naturale ed universale per stabilire quel codice di comunicazione sensibile e virtuoso con cui si costruiscono relazioni umane, legami sociali, culture, opere e storie comuni. Il dono è un messaggio, delicato e potente: il più completo del comunicare mediterraneo. È un messaggio creativo, perché il dono è un Dono con la “d” maiuscola, se non è comprato, ma scelto tra le nostre cose più preziose o fatto con le nostre mani. È un messaggio di connessione al mondo e alla comunità; un segno di umile e felice apertura a cooperare. È un messaggio generativo perché, chi riceve il messaggio del dono, se lo accetta con semplicità, produrrà e donerà a sua volta i suoi frutti vitali. È un messaggio ad alto rendimento perché, impiegando poche risorse e merci, produce preziosi beni e valori. È un messaggio universale che, per non essere frainteso, è sufficiente che venga accolto come può accoglierlo un bambino. È un messaggio d’amore e di fedeltà.
Nel cuore del Mediterraneo la felicità terrena viene raggiunta attraverso l’accettazione fiduciosa di un dono. Oggi appare sempre più forte il desiderio di ridare valore simbolico al dono, affinché si possa limitare l’effetto dei criteri di interesse e profitto che avvolgono la sfera privata e sociale dell’individuo. Per far sì che ci sia una rivalutazione della logica del dono occorre ripensare al concetto di condivisione, tempo e spazio. Il dono di sé, del proprio tempo e del proprio spazio, permette di creare un ambiente nel quale ci si arricchisce proprio nel momento in cui ci si apre all’altro e si abbandona il timore di scoprirsi dinnanzi a se stessi. In tal senso, il mare e la terra giocano un ruolo fondamentale poiché si tratta di luoghi profondi, nei quali vivere il valore del concetto di àgape. Attraverso tale concetto si comprende che donando se stessi, in modo gratuito ed incondizionato, si riceve. Gustando il sapore del mare e della terra nascerà, così, il desiderio di comunicare con l’altro in totale libertà e alla luce di una nuova prospettiva che capovolge l’idea del dono come perdita e lo considera il vertice più alto dell’amore. In questa dimensione, il dono potrà tornare a tessere i fili delle esistenze. Così l’uomo, riscoprendo la bellezza del lasciarsi andare all’altro nell’àgape, riscoprirà anche se stesso. I Sud del mondo ed il Mediterraneo ( luogo ideale e fisico da dove parte l’Accademia del Rinascimento Mediterraneo) sono fondati sulla cultura del dono. Qui, la “teoria del dono”, è storicamente applicata non solo tra persone e comunità, ma anche tra persone ed ambiente. Qui si è sempre compreso che, come per i rapporti tra persone, allo stesso modo le tre regole del dono, sono vitali alla costruzione di un rapporto armonico con la natura: saper donare alla stessa, saper ricevere (e non prendere) e restituire con il proprio contributo di valore. Il Comunicare mediterraneo ci invita all’esplorazione delle dinamiche sensibili che gravitano intorno al dono della buona comunicazione, per condividere una fonte di pensiero che possa ristabilire all’autentica mediterraneità, la dignità di una più saggia guida verso il nuovo. Dalla buona comunicazione nasce tutto: il pensiero, il progetto, il prodotto, ma anche la filosofia, l’immanente e il trascendente, l’arte, l’amore e la felicità. “L’etimologia della parola comunicazione è di conoscenza diffusa. Ci sono già radici nella parola greca koinomia che indica il concetto di “comunità” ma è il termine latino communis – “avere in comune (com) un ruolo, un dono (munis)” a guidarci nel significato più permeante. Inequivocabilmente, quindi, comunicazione implica un concetto di condivisione e reciprocità, uno scambio di doni, un moto di interessi e ruoli comuni per il bene comune.”
Il dono implica una forte dose di libertà. È vero che c’è l’obbligo di restituire, ma modi e tempi non sono rigidi e in ogni caso si tratta di un obbligo morale, non perseguibile per legge, né sanzionabile. Il valore del dono sta nell’assenza di garanzie per il donatore. Un’assenza che presuppone una grande fiducia negli altri. L’economia del dono è una forma economica basata sul valore d’uso degli oggetti e delle azioni, dove per valore si intende la capacità di un bene o di un servizio di soddisfare un dato fabbisogno, od il suo valore di utilità. L’economia del dono si contrappone all’economia tradizionalmente intesa, definita economia di mercato o economia mercantile, la quale si basa invece sul valore di scambio o valore commerciale. Si potrebbe anche parlare di economie del dono al plurale, visto che non esiste un modello prestabilito di economia del dono. L’economia del dono è basata sull’analisi di società nei tempi passati considerate “primitive”, ovvero di comunità economicamente autosufficienti, che producevano da sole gran parte di ciò di cui avevano bisogno (agricoltura ed allevamento), e si affidavano all’economia mercantile solo per quei pochi prodotti che non riuscivano a produrre direttamente, scambiando o rivendendo le eccedenze (non necessariamente materiali). Chiaramente l’economia mercantile era presente, ma restava marginale. Il Mediterraneo, nel corso dei millenni, ha saputo forgiare i suoi abitanti ad una particolarissima forma di leadership che oggi, nell’epoca delle reti e della partecipazione collettiva, emerge come vincente. La leadership mediterranea è distribuita capillarmente tra la gente che, attraverso il dialogo plurale, diviene leader in quanto corpo unico. È dal Mediterraneo che nasce un virtuoso modello di guida delle organizzazioni, fondato sul carisma e sul talento collettivo di un’intera parte sociale. Carisma deriva dal greco “chàrisma” che significa “dono”, un dono che non è da utilizzare per sé stessi ma per tutta la comunità. Un dono che conferisce un naturale ruolo di guida grazie ad innate doti di saper trasferire visioni desiderabili e credibili. La reciprocità degli scambi senza danaro è alla base dell’economia collaborativa e produce innumerevoli beni (compresa la felicità) impiegando pochissime merci. La cooperazione è fondata invece sul dono. Il dono è un virus benefico. Un’energia rinnovabile all’infinito, capace di appagare chi dà e chi riceve, di alimentare tutti gli ingranaggi sociali e dell’economia. Il dono è alla base dell’organizzazione sociale, della cooperazione e dell’economia della sopravvivenza e della felicità. Lo scambio sotto forma di dono crea comunità forti, fondate su relazioni leali e solidali. Poter disporre del proprio tempo e poterlo donare è un grande passo verso questo virtuoso modello cooperativo. Condividendo gratuitamente le proprie conoscenze e le proprie capacità, si auto-genera un “potere d’acquisto” più potente e duraturo del danaro. “Crescono” in quantità e qualità i rapporti, il benessere, la conoscenza. Nella rete digitale, questa forma di cooperazione si evolve con estrema facilità. Si definiscono come “risorse aperte” (“open source”) e conoscono bene il valore dello scambio gratuito e della collaborazione.
Nei rapporti interpersonali e diretti, invece, si frappone una psicologia diffusa che frena l’economia del dono. Chi intende donare rischia di mettere in soggezione l’altro o di apparire come colui che intende poi chiedere qualcosa di specifico in cambio. Chi riceve un dono inaspettato nutre forti perplessità sulle motivazioni del gesto, sente di acquisire un debito o di creare un precedente che stabilisca la sua incapacità di sapersela cavare da solo. Nella società contemporanea, caratterizzata da una crescente paura dell’altro e dei legami a lungo termine, il dono viene spesso interpretato come rischio o perdita, in quanto implica una relazione ed un’apertura con l’altro. La dimensione del dono, infatti, richiede una buona dose di libertà da se stessi che consenta di aprirsi senza il terrore di perdersi o di privarsi di qualcosa. In una prospettiva di libertà totale, si colloca un dono autentico ovvero un dono che non attende nulla in cambio e si allontana dalle logiche del mercato caratterizzate dal do ut des. Solo in quest’ottica, colui che riceverà il dono comprenderà il suo autentico valore e donerà a sua volta, libero da vincoli ed affascinato dallo spirito della gratuità.