Ecologia
Ecologia dal greco: οίκος, oikos, “casa” o anche “ambiente”; e λόγος, logos, “discorso” o “studio” è la disciplina che studia l’ecosfera, ossia la porzione della Terra in cui è presente la vita in aggregati sistemici detti “ecosistemi”, le cui caratteristiche sono determinate dall’interazione degli organismi tra loro e con l’ambiente circostante. L’ecologia è conoscere le onde e saper leggere i loro segnali. Ecologia ed economia sono due facce della stessa medaglia, ma pur avendo in comune la radice, sono antitetiche e contrapposte: la prima studia il meraviglioso funzionamento della natura e la seconda se ne prende cura. Almeno così dovrebbe. È un dato di fatto il mancato rispetto dei principi ecologici, e la rottura dei rapporti sociali sono il prezzo che si paga per l’attuale modello di sviluppo. Riconoscere la base ecologica di questo conflitto tra lo sviluppo del sistema economico e quello naturale è il primo passo per una razionale politica dell’uso delle risorse della natura, nel rispetto dei principi ecologici e di una comunità solidale.
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L’ecologia è conoscere le onde e saper leggere i loro segnali, saper cogliere i momenti opportuni ed aver pazienza nei momenti avversi. Non bisogna resistere alle onde, bisogna conoscerle e sapersi far portare dove vogliamo noi, non dove ci porterebbero se ci affidassimo a loro per caso. La natura non può essere vinta con la forza. Per assecondare la natura bisogna conoscerla molto bene, sapere come funziona, cosa può fare per noi e come noi possiamo usufruire dei suoi beni e servizi senza farci male: rispettarla non è un sacrificio. Uno dei limiti della cultura spicciola in campo ambientale riguarda il concetto di equilibrio: gli ecologisti (diversi dagli ecologi) spesso ritengono catastrofica la rottura degli equilibri ecologici, come se davvero ne esistessero. Nel mondo della natura, tutto cambia velocemente, su diverse scale: spaziali e temporali. Anche le grandi foreste non sono eterne: in precedenza, l’area mediterranea era dominata dalle foreste di lecci, ora c’è la macchia mediterranea. Quindi non dobbiamo aspettarci che la natura sia qualcosa di idealmente perfetto, che ha raggiunto il suo stadio ottimale e non cambi più. Nel mondo è normale che le cose cambino e, il nostro intelletto ci deve rendere adattabili al cambiamento, assecondandolo, così come se le conosciamo, possiamo assecondare le onde. Gli organismi, la loro forma, la loro storia, la loro attività, le loro potenzialità sono il prodotto di complesse interazioni fra patrimonio ereditario ed ambiente. Se l’ambiente cambia cambiano anche i caratteri degli organismi. Ma i singoli organismi non solo si adattano all’ambiente, ma adattano l’ambiente alle loro necessita, mediante la loro azione combinata. Gli organismi “usano” i ritmi naturali dell’ambiente per regolare e programmare la loro vita, in modo da trarre beneficio dalle condizioni favorevoli. La presenza e il successo di un organismo o di un gruppo di organismi dipende da un complesso di condizioni (luce, temperatura, salinità, ossigeno ecc.). Entro ogni ecosistema ciascun essere vivente deve agire in modo compatibile con l’esistenza continua di quel sistema, per questo lo sviluppo dell’ecosistema tende al climax. Nelle accezioni comuni del termine, climax (dal greco klímaks, «scala») indica il culmine di un processo in crescendo. In ecologia climax è lo stadio finale del processo evolutivo di un ecosistema che denota il massimo grado di equilibrio di una comunità biotica con l’habitat fisico. Nell’ecosistema maturo (climax), l’energia fissata tende ad essere bilanciata dal costo di mantenimento e controllo della comunità stessa. I principi dello sviluppo degli ecosistemi incidono notevolmente sul rapporto tra uomo e natura perché le strategie della “protezione massima” (cioè cercare di raggiungere il mantenimento massimo della complessa struttura della biomassa), che caratterizza lo sviluppo ecologico, è spesso in conflitto con lo sviluppo del sistema economico attuale della “produzione massima” (cioè cercare di raggiungere una resa più alta possibile).
Il nostro sistema produttivo si è sviluppato su una concezione sbagliata del rapporto uomo-natura e sulla illusione che il “benessere” dipendesse direttamente dal soddisfacimento della massima quantità di merci prodotte, dimenticando che avere troppe cose rende limitato il tempo per il piacere immateriale e non aumenta lo stato di benessere dell’uomo perché sposta ad un livello diverso tutti i suoi bisogni. Si crea un circolo vizioso per cui la soddisfazione dei propri bisogni e desideri non fa che aumentare l’insoddisfazione e dunque produce ancora più bisogni da soddisfare. Lo sviluppo economico con una produzione sempre in crescita necessita una pratica sociale che chiamiamo consumismo. Il consumismo determina quello di vita sociale basato sulla ricerca individuale del piacere (edonismo) attraverso l’incremento continuo di nuovi consumi e bisogni, dove ognuno fa riferimento esclusivamente a se stesso o ai propri desideri (autoreferenzialità) con un atteggiamento di chi prepone i propri interessi e le proprie esigenze a quelle altrui (individualismo). L’uniformazione e adeguamento a questo modello culturale o ideologico (omologazione) del consumismo, specialmente per influsso dei mass-media, sviluppa la tendenza a conformarsi alle opinioni, agli usi, ai comportamenti socialmente o politicamente prevalenti (conformismo). Il mancato rispetto dei principi ecologici e la rottura dei rapporti sociali sono il prezzo che si paga per questo modello di sviluppo. Riconoscere la base ecologica di questo conflitto tra lo sviluppo del sistema economico e quello naturale è il primo passo per una razionale politica dell’uso delle risorse della natura, nel rispetto dei principi ecologici e di una comunità solidale.
Un altro ambiente è possibile se scegliamo uno sviluppo locale autosostenibile con tecnologie appropriate all’ambiente naturale, in cui i sistemi ambientali tecnologici (tecnosistemi), organizzati in modo analogo ai sistemi ambientali naturali (ecosistemi), siano integrati nella struttura e funzionamento della natura. Dall’uso di materiali biodegradabili e riciclo dei prodotti di scarto, alla produzione stabilizzata e qualificata, dimensionando il sistema produttivo sull’input di risorse rinnovabili. È ormai necessario che l’innovazione tecnologica sia dettata dai bisogni sociali, monitorando i propri consumi per cambiare l’economia dalle piccole cose, dai gesti quotidiani. In controtendenza con la società di oggi, con uno stile di vita sobrio. Consumando meno e meglio si guadagna in qualità della vita, rimpossessandosi del proprio tempo, gustando il piacere dell’auto produzione, riscoprendo tradizioni e scoprendo nuove culture. Attraverso strutture economiche regionali basate sull’autosostentamento attraverso l’uso delle risorse locali, il recupero e riciclo della materia, utilizzando “in cascata” i prodotti collaterali della produzione, così con una filiera produttiva corta si risparmia sui costi del trasporto a lunga distanza che portano con sé uno spreco insostenibile di energia e materie prime.
Ecologia ed economia sono scienze storiche. Nelle scienze storiche si possono solo prevedere degli scenari. L’unica costante è quella del tempo. Per il resto non si possono elaborare equazioni certe, al massimo approssimative. Il mondo non è mai lo stesso. Tutto quello che si può dire è che se l’uomo economico continua a comportarsi come se la natura dovesse obbedire alle sue regole, o peggio ignorandola completamente, di certo andremo nella direzione in cui la natura si ribellerà. Si chiama “selezione naturale”. È chiaro che non possiamo rinnegare la nostra natura, né godere del nostro possibile fallimento o possibile estinzione, ma è evidente che abbiamo forzato la natura, piegandola ai nostri bisogni, per migliaia di anni, continuando a crescere a sue spese, ma questo processo non può durare all’infinito. Il primo passo da compiere è quindi andare più lenti. Controllare la crescita rendendola armonica con l’ambiente che ci sorregge. Come sostiene Cassano e l’anima dell’Accademia del Rinascimento Mediterraneo “Andare lenti, significa essere fedeli a tutti i sensi, assaggiare la terra che attraversiamo. Andare lenti vuol dire ringraziare il mondo, farsene riempire”.